Dall’11 marzo sono state controllate 13.554.984 persone che hanno dovuto giustificare perché si trovavano fuori dalla propria abitazione. I 432.823 verbali elevati non sono sanzioni o multe, ma l’avvio di un procedimento che sarà definito dai Prefetti, sono loro che decideranno se comminare la sanzione. C’è tempo sino al 14 giugno per presentare al Prefetto le proprie ragioni ed anche chiedere di essere personalmente sentiti. In Umbria controllate 150.311 persone, con 4.904 verbali, ma saranno i Prefetti di Perugia e Terni a decidere.
Origine e contesto dell’emergenza Covid-19
Con la dichiarazione dello stato di emergenza deliberata dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, si è formalmente aperta in Italia una stagione che entrerà nei libri di storia per i profili già oggi drammatici che la stanno segnando [1]. Quella deliberazione del CdM è passata pressoché inosservata, salvo che per la chiusura dei voli da e per la Cina, una misura bandiera che si riteneva fosse sufficiente ad evitare il rischio di diffusione del contagio. Così veniva comunicato e rassicurato. La generale sottovalutazione di quel rischio, nonostante le cronache provenienti dalla Cina ed i movimenti globali del periodo come poi si osserverà, ha fissato la sua immagine più diffusa nelle parole nette e certe del più televisivo dei virologi che poi condurranno le strategie dell’emergenza in Italia. Il 2 febbraio, nel salotto televisivo di Fabio Fazio, il Prof. Roberto Burioni indicava in “zero” il rischio di diffusione del contagio in Italia, anche ironizzando su chi aveva iniziato ad usare le mascherine “sarà per l’inquinamento” [2]. Proprio quelle sottovalutazioni stavano innescando e amplificando i principali focolai di contagio, Ospedali ed Rsa, che si sono fatti trovare impreparati a gestire quel rischio e sono silenziosamente diventati il deflagrante volano dell’epidemia.
Il virus, in realtà, circolava in Italia da almeno dicembre [3] ed il 21 febbraio è iniziato il brusco risveglio sulla realtà, con il primo paziente con diagnosi da Covid-19, contratto e diffuso nell’Ospedale di Lodi [4]. Nella stessa giornata venivano accertati altri due casi a Vo’ Euganeo e dal giorno successivo, 22 febbraio, si innescava un’escalation di provvedimenti restrittivi, iniziati con le due prime zone rosse nel Lodigiano e Vo’ e con un primo riferimento normativo nel decreto legge n. 6 del 23.2.2002 [5]. Con dpcm dell’1 marzo, l’Italia veniva divisa in tre, con misure specifiche calibrate sulla diffusione del virus [6]. Il 4 marzo venivano chiuse le scuole e le università in tutta Italia. Mentre da giorni la stampa pubblicava anticipazioni su ulteriori prossime zone rosse, come nel bergamasco (che sarà, poi, motivo di forti polemiche), con dpcm dell’8 marzo venivano, invece, superate le prime zone rosse di Codogno e Vo’ Euganeo per estendere su tutta la Lombardia ed in 14 province misure restrittive definite da “zona arancione” [7].
Questo ultimo dpcm non è durato 24 ore. In quella giornata è entrato in campo un protagonista che si è poi rivelato decisivo in tutta questa vicenda, ovvero i principali organi di informazione hanno raccontato che, nelle ore precedenti la “chiusura” dei confini lombardi, orde di fuggitivi dalle aree più a rischio del nord Italia stavano prendendo d’assalto tutti i possibili mezzi di trasporto in direzione centro-sud. Nell’immaginario collettivo veniva scaraventata l’idea, anche per (suggestive) immagini, che un’orda di untori di manzoniana memoria si era messa in circolazione in tutta Italia. Fuggitivi contagiosi che avrebbero diffuso nel territorio nazionale quel virus.
La notizia, rimbalzata e rilanciata ovunque per un generale sdegno popolare, si rivelerà una gigantesca bufala, il po’ di movimenti tra nord e sud Italia c’erano già stati il 23 febbraio, peraltro senza alcuna effettiva conseguenza per la diffusione del contagio, mentre quel 7 marzo non c’era stato alcun significativo spostamento [8]. Però, nell’immaginario collettivo era stata ormai diffusa la convinzione che quell’orda di untori stava dilagando nelle nostre città. Sdegno e paura che attraversavano tutta Italia.
E’ in questo contesto che il 9 marzo è stato pubblicato un ulteriore dpcm che ha esteso a tutto il territorio nazionale le disposizioni del dpcm del giorno precedente, così abbandonando definitivamente lo schema dei contenimenti puntuali per zone ove la diffusione del virus aveva mostrato numeri significativi [9]. Quelle disposizioni sono state ulteriormente inasprite con un ulteriore dpcm dell’11 marzo [10]. Tutta Italia è così diventata un’unica grande “zona rossa”. Tutti chiusi in casa, con poche essenziali facoltà di vita consentite, anche in quella larga parte del Paese dove il virus non aveva mostrato particolare presenza e circolazione, come in Umbria ed in larga parte del centro-sud.
Dai dpcm 9/11 marzo 2020 le misure più restrittive al mondo, con specifiche disposizioni sanzionatorie
Ad oggi, sono 9 i decreti legge deliberati in materia dal Consiglio dei Ministri dall’inizio dell’emergenza e 13 i dpcm, decreti monocratici emessi dal Presidente del Consiglio. I dpcm del 9 e 11 marzo sono i due provvedimenti che hanno segnato il passaggio decisivo nella generalizzata restrizione delle facoltà consentite ai cittadini italiani, con uno specifico presidio sanzionatorio addirittura ancorato al Codice penale: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il mancato rispetto degli obblighi di cui al presente decreto è punito ai sensi dell’articolo 650 del codice penale”.
La durezza delle restrizioni imposte ai cittadini italiani è stata ben sintetizzata in una recente intervista al Corriere della Sera dal Prof. Giovanni Rezza, direttore del dipartimento malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, uno degli esperti di riferimento nel comitato tecnico che ha supportato le misure del governo: “L’Italia ha attuato il lockdown più intransigente del mondo occidentale, non paragonabile a quelli più soft di Francia e Spagna.” Che pure vengono spesso citate come due nazioni che hanno anch’esse adottato restrizioni considerate importanti, ma neanche paragonabili all’Italia, come rivendicato con (almeno opinabile) orgoglio dal Prof. Rezza [11].
Anche il paragone con la Cina pare improprio perché, anche prescindendo dai possibili confronti di sistema istituzionale, quelle misure più restrittive lì sono state circoscritte alla città di Wuhan ed alla provincia dello Hubei, con un modello di “intransigenti” contenimenti puntuali in una prima fase adottato anche in Italia. Wuahn 6,5 milioni di abitanti su 1,5 miliardi di cinesi, che in proporzione corrisponde alla prima zona rossa di Codogno e Vo’ in rapporto alla popolazione italiana. Da noi quella “intransigenza” che dice il Prof. Rezza è arrivata ad essere pressoché subito estesa su tutto il territorio nazionale.
Chiuse tutte le attività produttive e di servizi non considerate essenziali, il cd. “distanziamento sociale”, come applicato in Italia, ci ha consentito di uscire di casa solo per “comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, ovvero spostamenti per motivi di salute”. Quindi solo per recarsi e tornare dal luogo di lavoro (per chi l’ha ancora potuto svolgere), per necessità di spesa alimentare, farmacia, tabacchi, giornali. Nel ginepraio dei provvedimenti del periodo, tra i 70 ad oggi emessi dal Ministero della Salute, l’Ordinanza del 20 marzo, con la quale sono stati anche chiusi parchi e giardini pubblici, ha consentito una limitata “attività motoria”, solo “in prossimità della propria abitazione” [12].
Un gigantesco controllo di territorio e persone
Per garantire una rigida applicazione delle restrizioni, si è messo in moto un gigantesco controllo di territorio e persone, che ha mobilitato praticamente tutte le forze di polizia, anche locale, con anche il coinvolgimento dell’esercito. Con modalità volutamente spettacolari, dagli elicotteri in volo, ad un esteso uso, finanche, dei droni. Una mobilitazione mai vista, che riporta dati impressionanti.
Dall’11 marzo sono stati controllati oltre 13 milioni di cittadini, per la precisione 13.554.984, i quali, fermati, hanno dovuto giustificare perché si trovavano fuori dalla propria abitazione [13]. Quella giustificazione è riportata in 13.554.984 fogli oggi negli archivi delle prefetture dove quei cittadini hanno autocertificato, ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR n. 445/2000, con le proprie generalità, di non essere sottoposti a misure di quarantena, quale percorso stavano facendo, con quali motivazioni.
Una specialità anche questa tutta italiana (solo la Francia ha adottato un modello simile, ma più soft), che lascia dubitare che qualcuno potrà mai verificare, neanche a campione, la veridicità di quelle autocertificazioni (a parte l’identità verificata al momento dall’agente). Anche in disparte che la possibile violazione dell’art. 495 c.p. è circoscritta ad una falsa dichiarazione fatta ad un pubblico ufficiale che riguardi “l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona” (non può comprendere quel dichiarato spostamento), si coglie che queste solenni autocertificazioni hanno avuto il sostanziale scopo di tenere sotto pressione il più rigido contenimento della popolazione italiana nelle proprie abitazioni.
Qualcuno un giorno analizzerà quali convergenze hanno potuto determinare lo scrupoloso rispetto da parte degli italiani di restrizioni molto rigide, con l’improvvisa sospensione di una gran parte di primi diritti costituzionali, in un dichiarato contesto di guerra che ha attivato quei meccanismi tipici, anche emotivi: dai generalizzati schemi comunicativi ed informativi ai quali si sono attenuti tutti i principali media, sino ad un coinvolgimento della popolazione nella difesa bellica che è arrivata persino all’invito da parte di alcuni Comuni, in ostentata prima linea con sindaci, anche assessori, smaniosi del loro momento di gloria al fronte, di denunciare i concittadini trasgressori via social [14]. La vedetta da balcone rimarrà nei tratti tipici del periodo, con quella frase bandiera rimbalzata costantemente nei social “c’è troppa gente in giro”.
Sta di fatto che, a fronte di questo gigantesco controllo delle persone, le contestazioni per violazione delle misure restrittive sono state 432.823, che, in numero assoluto, possono sembrare tante ma, in rapporto a quante persone e spostamenti controllati, corrispondono ad un ben modesto 3% di possibili trasgressori.
Va sottolineato “possibili”, perché la casistica di quelle contestazioni comprende tanti eccessi di zelo e, diversamente da quanto raccontato dall’informazione del periodo, quei verbali non sono immediatamente sanzionatori, ma mero avvio di un procedimento, al termine del quale sarà il Prefetto a valutare ogni singolo caso e decidere se effettivamente comminare la sanzione.
Esaminando il dato locale, nel periodo in Umbria sono state controllate 150.311 persone (PG 104.244 / TR 46.067), che hanno autocertificato il motivo del loro spostamento, con 4.904 verbali di contestazione (PG 3.601 / TR 1.303) sui quali decideranno, poi, i Prefetti di Perugia e Terni se comminare effettivamente la sanzione [15-16].
D.L. n. 19 del 25.3.2020, mutato il regime sanzionatorio. Quei verbali sono solo l’avvio della relativa procedura, decideranno i Prefetti se effettivamente sanzionare.
Con il decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020, il Governo italiano ha assorbito in un testo legislativo, destinato all’esame del Parlamento in sede di conversione ed alla controfirma del Capo dello Stato, le puntuali disposizioni restrittive sin ad allora emanate per tutto il territorio nazionale con il criticatissimo strumento del dpcm, provvedimento monocratico di natura amministrativa del Presidente del Consiglio dei Ministri [17]. E’ cambiato, tuttavia, il regime sanzionatorio nel caso di violazioni delle disposizioni restrittive, non più riferito all’art. 650 c.p. (che aveva già sommerso le Procure ove erano dirette le prime 109.000 notizie di reato), ma illecito amministrativo, nella cui disciplina sono state assorbite, ai sensi dell’art. 4, c. 8, anche tutte quelle precedenti notizie di reato.
Nel decreto legge si prevede che il mancato rispetto delle misure di contenimento Covid-19 sia punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 3.000 euro, che potrà essere aumentata fino ad un terzo se il fatto è commesso alla guida di un veicolo, o in caso di recidiva. Si applica la disciplina prevista dalla legge 689/1981, perciò, quei verbali che l’informazione del periodo ha descritto come sanzioni o multe, in realtà, ai sensi dell’art. 14, sono solo l’avvio di un procedimento per il quale, entro i 30 giorni successivi, il presunto trasgressore, ai sensi dell’art. 16, potrà inoltrare al Prefetto scritti difensivi ed anche chiedere di essere sentito. Per tutti questi verbali emessi nel periodo, vige il periodo di sospensione previsto dall’art. 37 del decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020 il quale, reiterando precedenti disposizioni, ha portato sino al 15 maggio il periodo di sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi [18].
Perciò, tutti coloro che si sono visti contestare possibili violazioni alle restrizioni del periodo, entro il 14 giugno potranno presentare al Prefetto le proprie ragioni che spiegano ed escludono quella ipotizzata violazione, anche chiedendo di essere personalmente sentiti.
Fatte valutazioni e verifiche del caso, se il Prefetto riterrà che non vi siano i presupposti per contestare la violazione, procederà ad archiviare il procedimento. Nel caso, invece, ritenga che sussistano i presupposti della contestazione, provvederà ad emettere un’ordinanza ingiunzione che verrà notificata al trasgressore e nella quale specificherà l’importo che andrà pagato nel termine di 60 giorni.
Contro tale provvedimento è ammesso ricorso alternativamente al Prefetto (ma non pare sia da suggerire, considerato che sarebbe lo stesso che ha emesso la sanzione, che ne uscirebbe anche raddoppiata), o al Giudice di Pace (alla pari di quanto avviene per le normali contravvenzioni al codice della strada), entro 30 giorni dall’avvenuta notifica.
La stessa procedura vale anche nel caso di verbali di violazione delle misure restrittive previste per pubblici esercizi, o attività produttive, o commerciali, con l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attività da 5 a 30 giorni, come già una prima pronuncia del Tar Campania, n. 933 del 23 aprile 2020, ha agevolmente sottolineato [19].
Profili di rilevanza costituzionale
Neanche il più catastrofista dei film del genere epidemia era arrivato ad immaginare restrizioni a diritti e libertà dei cittadini come quelle vissute in questo periodo in Italia. In giro per il mondo la pandemia è stata variamente affrontata usando misure restrittive su circolazione e attività, al punto da spingere l’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, Michelle Bachelet, ad ammonire “i paesi a rispettare lo stato di diritto, durante la pandemia da coronavirus, limitando nel tempo le misure eccezionali, al fine di evitare una “catastrofe” per i diritti umani (…) se lo stato di diritto non è rispettato, l’emergenza sanitaria può diventare una catastrofe per i diritti umani, i cui effetti dannosi supereranno a lungo la pandemia stessa“. Un ammonimento che si spinge a prefigurare un uso politicamente strumentale dell’emergenza da parte dei governi [20].
Se consideriamo che l’Italia è riconosciuta come la Nazione che ha adottato le misure restrittive più dure e di maggior durata nel tempo, questo ammonimento non può lasciarci indifferenti. Nel nostro ordinamento ha preso la forma di una pressoché generalizzata sospensione di primi diritti costituzionali, si fa prima ad elencare quelli rimasti liberamente disponibili rispetto a quelli sospesi o limitati.
Con questo quadro, non può considerarsi casuale il richiamo alla bussola della Costituzione da parte della Presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia, la quale ha voluto sottolineare che “la nostra Costituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza” e che la nostra Repubblica ha attraversato varie situazioni di crisi, a partire dagli anni della lotta armata, “senza mai sospendere l’ordine costituzionale”, ma modulando i principi sui criteri di “necessità, proporzionalità, bilanciamento, giustiziabilità e temporaneità” [21].
Marcate critiche sui profili di costituzionalità dell’azione governativa sono arrivate dai più autorevoli costituzionalisti, come Sabino Cassese [22], o da Presidenti Emeriti della Corte costituzionale, come Cesare Mirabelli [23], Annibale Marini [24], Gaetano Silvestri [25], Antonio Baldassarre [26], da far attendere quanti vagli di costituzionalità sulle drammatiche disposizioni del periodo da parte della Corte costituzionale, magari proprio nelle sedi di impugnativa delle sanzioni.
Altrettanto scontato pare che delle libertà fondamentali sospese o limitate in Europa in questo periodo finirà per occuparsene anche la “Corte Europea dei Diritti dell’Uomo”, con un “caso Italia” che non potrà non essere di riferimento per le maggiori restrizioni da noi usate nel panorama europeo.
Casistica da valutare con equilibrata e ragionevole applicazione delle norme
L’immagine di quel cittadino, da solo in una grande spiaggia deserta di Rimini, circondato come Al Capone, nonostante la sola immagine spieghi bene che stava semplicemente esprimendo una elementare e primordiale libertà, che non avrebbe contagiato neanche di peste bubbonica neanche una mosca in volo, ma catturato e circondato come Al Capone, ha fatto il giro del mondo per descrivere, nel generale sconcerto, l’impressionante lockdown tutto italiano [27].
I media hanno dato ampio risalto a casi anche grotteschi, come inseguimenti di singoli sventurati per spiagge e campi, o istintivamente ingiusti, come quei ristoratori manifestanti a Milano, o quel barista che ha portato il caffè a due poliziotti in servizio davanti quella fila al banco dei pegni. Se a larga parte dei rappresentanti delle forze dell’ordine va riconosciuta umana sobrietà nel gestire responsabilità obiettivamente eccezionali, c’è una quota di fisiologici (nel clima del periodo) “sceriffi” che ha interpretato con criticabile protagonismo quelle delicatissime responsabilità.
“Tutto ciò – aggiungono i magistrati – avviene con sacrificio estremo, manifestamente non necessario, di diritti fondamentali di libertà personale e di circolazione dei cittadini di cui alla parte I della Costituzione, che meriterebbe rinnovata lettura ed attenta meditazione. Non dimentichiamo che le norme che vengano ad incidere e sacrificare diritti costituzionalmente garantiti, anche a tutela di altri diritti di pari rango che vengano a confliggervi, sono comunque sempre soggette a stretta interpretazione e perdono ogni legittimazione laddove le condotte sanzionate siano prive di lesività per il bene preminente salvaguardato” [28].
E’ un estratto dalla vibrata protesta di nove Magistrati di Aosta, tra i quali il Presidente del Tribunale e due Pm, che hanno ricordato a tutti che, poi, l’applicazione delle norme è sindacabile in sede giurisdizionale, nella ragionevole interpretazione dovuta, costituzionalmente orientata.
Ciò anche ricordato e opportunamente sottolineato da quei Magistrati, c’è da auspicare che i Prefetti vorranno dare una almeno decisa sfrondata a quei troppi verbali con i quali si vorrebbero sanzionare condotte evidentemente prive di qualsiasi effettiva lesività, neanche potenziale.
Per chi, negli impensabili sacrifici del periodo, si è visto anche contestare violazioni delle restrizioni imposte, ha tempo sino al 14 giugno per motivare al Prefetto una richiesta di definitiva archiviazione.
11 maggio 2020
Avv. Francesco Calabrese
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[1] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/01/20A00737/sg
[3] https://www.ilmessaggero.it/italia/coronavirus_malata_dicembre_test_conferma-5201991.html
[5] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/23/20G00020/sg
[6] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/01/20A01381/sg
[7] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/08/20A01522/sg
[9] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/09/20A01558/sg
[10] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/11/20A01605/sg
[12] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/20/20A01797/sg
[13] https://www.interno.gov.it/it/coronavirus-i-dati-dei-servizi-controllo
[15] http://www.prefettura.it/perugia/news/Comunicati_stampa-8588335.htm
[17] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/25/20G00035/sg
[18] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/04/08/20G00043/sg
[23] https://www.agi.it/politica/news/2020-03-21/coronavirus-costituzione-parlamento-7726636/amp
[27] https://www.ilrestodelcarlino.it/rimini/cronaca/spiaggia-rimini-bbc-1.5114315